DIARIO DI UNA FOTOGRAFA: I FUNERALI DI JOHNNY HALLIDAY

Come foto-giornalista oggi avrei voluto essere a Parigi, ai funerali di Johnny Hallyday; mi son dovuta accontentare di seguirli in diretta su TF1. Hanno detto che ci sono state circa un milione di persone, fuori dalla Chiesa; una folla enorme che piangeva e cantava, quasi un enorme ossimoro vivente.

La cerimonia non è stata una messa, ma un benedizione. La bara era bianca, per volontà dello stesso Hallyday.

La bara bianca, una delle sue ultime volontà... ecco, partiamo da qua: in tutta questa esaltazione, anche un po' assurda e vagamente isterica di questi ultimi giorni, io in realtà non ho fatto altro che pensare -e in questo momento in particolare lo penso con ancor maggiore intensità- ai mesi orrendi che Johnny Hallyday deve aver passato sapendo di avere delle metastasi e di dover morire. 

Penso alla sua angoscia, che dev'essere stata profonda e terribile da affrontare ogni singolo giorno, ogni mattina quando apriva gli occhi, e in alcuni momenti dev'essere stato un peso insopportabile. 

Vivere sapendo con assoluta certezza di essere condannato a morte. È il destino  scritto per tutti noi, certo, ma per alcuni le lettere di questo destino sono incise nella carne viva, et ça fait mal, très mal.

A questo lato umano io ho reso omaggio guardando il suo funerale. All'uomo, io dedico la mia preghiera, dal momento che quella che per oltre cinquant'anni è stata l'icona della trasgressione, era in realtà un uomo credente, un semplice credente, fragile e umano come tutti noi.

Ha scelto la bara bianca perché bianco è il colore che simboleggia la Resurrezione ed è il segno concreto della fede che lui aveva. Ultimamente ha detto: sono nato cattolico e morirò cattolico.

E stranamente oggi la Francia si è svegliata più cattolica di ieri.

E allora ecco la mia preghiera:

L'eterno riposo dona lui oh Signore,

splenda a lui la luce perpetua, 

riposi in pace.

Amen.

Nizza, 9 Dicembre 2017 (da Diario di una fotografa di Monica Cillario)

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