"L" COME LANGE, DOROTHEA LANGE

Foto di Dorothea Lange scattata durante la Grande Depressione
Giorni fa mi sono imbattuta in questa foto e mi è venuto in mente quello che avevo scritto su di lei, anni fa.

In un certo senso Dorothea Lange era predestinata a divenire la porta-immagine dei diseredati della vita, di coloro che non hanno voce, essendo stata lei stessa, inizialmente, vicina a questo mondo. Apparteneva infatti alla seconda generazione di immigrati tedeschi negli Stati Uniti ed era nata il 26 maggio 1895 a Hoboken, nel New Jersey. In quel periodo si chiamava Dorothea Margaretta Nutzhorn, ma rinnegherà questo nome in seguito alla fuga da parte del padre, che la lasciò quando lei aveva solo 12 anni; Dorothea decise di assumere il cognome della madre, ma il trauma dell’abbandono, che l’accompagnò per tutto l’arco dell’esistenza, la aiutò a comprendere coloro che erano stati traditi dalla vita.
A 18 anni rinunciò a divenire insegnante e decise che da grande sarebbe stata una fotografa (non “avrebbe fatto” la fotografa, ma “sarebbe stata” una fotografa…). Era di origini modeste e quindi cominciò fotografando la gente umile che conosceva. Agli inizi svolse dei piccoli lavori: foto di matrimoni e foto inerenti il cibo. Nel frattempo terminò gli studi di fotografia alla Columbia University di New York e iniziò a lavorare in diversi atelier fotografici per impossessarsi della tecnica. Nel 1918 si installò a San Francisco, città di cui subì il fascino e nella quale nel 1919 aprì uno studio tutto suo, specializzandosi nella ritrattistica e avendo molto successo in breve tempo. Nel 1930 però abbandonò la tecnologia che le offriva il lavoro di studio, nonché gli agi della vita cittadina e lasciò anche i visi dei suoi ricchi clienti per seguire invece i volti delle persone disagiate, percorrendo i luoghi in cui si era infranto il sogno americano.
Anni dopo, parlando di questo periodo, affermò che aveva deciso di chiudere lo studio, di rinunciare alla sicurezza, per (continua a leggere)


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