UNA FOTO AL GIORNO: OU EST CHARLIE?




 E' uscito. Ad una settimana esatta dal tragico attentato, un altro numero di Charlie Hebdo è comunque riuscito ad uscire.

"La une", la copertina, ha nuovamente il profeta, ma è inutile raccontarvelo, lo sapete già; credo che nessuno al mondo, oggi, non sappia com'è la copertina del nuovo numero di Charlie Hebdo.
E' andato a ruba, sapete anche questo.
Stamani alle 7 e 30 ero dall'edicolante, ma qui nel quartiere la rivista era già introvabile. Poco male, l'importante è che sia uscita e che il numero di copie pubblicate sia in crescita: hanno annunciato un'altra ristampa per i prossimi 15 giorni. 
Son doppiamente contenta: uno per gli incassi che andranno al giornale e due per gli sciacalli che non hanno mai comprato la rivista in vita loro, che nemmeno sapevano esistesse o che - peggio ancora- la criticavano e ne auspicavano la chiusura e che oggi si sono alzati prima dell'alba per comprare il nuovo numero per poi rivenderlo (su eBay ci sono già gli annunci). Gli idioti si trovano a chili e quindi qualcuno che lo acquisterà ad un'asta ad un prezzo assurdo magari ci sarà, ma sinceramente ho i miei dubbi. L'unica copia uscita degna di collezione, a mio modesto parere, è quella turca, non certo quella francese. 
Nei prossimi giorni credo che riuscirò a trovarne una anch'io, ma se non l'avrò sinceramente non mi importa, l'essenziale non è quel numero, non per me... l'essenziale sono i numeri a venire. Sì, i numeri dei prossimi mesi e dei prossimi anni perché io, se devo essere sincera, mica ho tutta questa gran fiducia nell'umanità: in questi giorni faceva figo essere per Charlie e così lo erano più o meno tutti (e anche quelli che non lo erano comunque ne parlvano, perché faceva figo anche quello, anche parlarne contro corrente), ma domani? il prossimo mese? il prossimo anno?
Mi è bastato ascoltare i discorsi delle persone in fila in attesa di comprare questo numero per arrivare a conclusioni amare: una tipa, mentre aspettavamo (per altro inutilmente) mi diceva che lo voleva perché era importante sostenere la rivista; "certo" ho detto io, "ma per sostenerla davvero occorrerebbe abbonarsi, un numero non basta". "Ma è importante l'azione simbolica". 
Sarà... ma a me i simboli stanno un po' sulle palle e tutto questo entusiasmo per questo numero mi convince poco. Spero di sbagliarmi.
Intanto Charlie continua (giustamente) a sbeffeggiare tutto e tutti: come ha testimoniato -e  giustamente- Stéphanie Hennette Vauchez sul numero di "Liberation" uscito oggi: "il fatto che persino un profeta affermi di essere Charlie, ci invita a riflettere sul senso del movimento di sostegno che si è diffuso da mercoledì scorso. Qua e là, persone e associazioni che fino a poco prima erano contrari alla linea editoriale della rivista, hanno affermato di essere Charlie". 
Hennette-Vauchez pensa (e a dirla tutta ci penso anch'io) soprattutto a dei capi di Stato davvero poco rispettosi della libertà di espressione che questa settimana sono diventati "Charlie". 
Credo nella buona fede della gente comune, ma non credo affatto a quella di questi signori, che nei loro paesi o nelle loro monarchie hanno la stampa che si mette a 90° e scrive solo ciò che non va contro i loro interessi.
Penso inoltre a giornali e riviste servili che scrivono solamente quello che non urta la sensibilità dei sovrani o dei capi di stato in cui pubblicano i loro bollettini parrocchiali e i cui direttori editoriali hanno fatto a gara a farsi fotografare con il cartello "Je suis Charlie" e... mi vien da ridere. Un riso amaro, ça va sans dire.
E quindi, a dirla tutta, non penso che tutti quelli che hanno giurato e spergiurato di essere Charlie, lo siano di fatto davvero. Non ci sarebbe niente di male a non esserlo, ma in tempi normali, oggi come oggi invece, la cosa mi fa paura.


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