Sono ritornata in Francia pochi giorni dopo gli attentati del 13 novembre ed ho avvertito un’atmosfera cupa, pesante: un’atmosfera di guerra. Questa però è una guerra nuova, diversa da quelle che conosciamo attraverso le pagine dei libri di storia. É una guerra che c’è ma non si vede, se non all’ultimo momento, quando viene illuminata dalle scintille di un kalashnikov che falcia un’intera redazione di giornale, colpevole di aver creduto alla libertà di espressione; che fredda un poliziotto, senza pietà, senza umanità, solo perché il destino, una fredda mattina di gennaio, lo ha messo sulla strada sbagliata in un momento sbagliato; che uccide gente comune, colpevole di essere ebrea e di aver deciso di far le commissioni in un supermercato kasher; o ancora, che sbriciola l’esistenza di decine di persone uscite per cenare in compagnia di amici o per ascoltare un concerto. Il fatto che sia strana, non la rende meno guerra e meno dolorosa e sanguinosa; non la rende nemmen...