UNA FOTO AL GIORNO: IKB





Era nato a Nizza e lo scorso 28 aprile avrebbe compiuto 90 anni, ma Yves Klein ha attraversato la vita come una meteora, morendo a soli 34 anni.
Vita breve, brevissima la sua, ma anche intensissima: nello spazio di un mattino ha brillato come il più luminoso degli astri, dedicandosi all'arte in modo creativo, originale e libero, perché libero lui voleva essere. 

E così fu. Si dedico al monocromo, al monocolore, e questa ricerca fu quasi un'ossessione, che però gli regalò l'eternità, perché se dico "blu" -quelli fra voi che non sono completamente a digiuno di storia dell'arte- immediatamente pensano a lui e al suo blu Klein.

"Sono giunto al monocromo perché davanti a un quadro, non importa se figurativo o non figurativo, avevo la sensazione che le linee (...), il contorno, la forma, la prospettiva, non componessero altro che le sbarre della finestra di una prigione"

Ma perché sceglie il blu? 
Perché gli altri colori "portano ad associazioni psicologiche che possono distrarre", mentre "il blu, al limite, ricorda il mare e il cielo e tutto quello che c'è di più astratto nella natura".

Lui, appassionato della filosofia orientale (era chiamato artista zen per questo suo profondo interesse per il Giappone a cui si avvicinò fin da piccolo, quando iniziò a praticare lo judo), ma anche dell'esoterismo rosacrociano, sapeva che fin dai primordi il blu in pittura simboleggiava il trascendente e il mistero; e dunque, blu sia, ma blu Klein: sperimenta per mesi e mesi, perché vuole un blu intenso, diverso da tutti gli altri blu, un blu suo e solo suo. 
E alla fine lo trova, a Parigi, in un negozio di colori e vernici nel XIV arrondissement: grazie al Rhodopas M60A (una resina sintetica che lega i pigmenti ma non ne altera la luminosità e che è stata utilizzata da diversi artisti*). Ottiene così il suo blu e lo brevetta: IKB - International Klein Blu.
Non verrà mai prodotto industrialmente, ma sarà la sua cifra, la sua firma e sarà il suo infinito blu oltremare. Infinito come la sua fama.






*Niki de Saint Phalle, per esempio, la utilizzò spessissimo e pare sia morta per un cancro ai polmoni provocato proprio da questo prodotto altamente tossico, che avrebbe dovuto utilizzare portando una maschera, ma presa dalla creazione lei se ne dimenticava.




© Monica Cillario


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